giovedì 28 aprile 2011

Anni 90



performance/teatro
INTERVALLO 
DONKEYS  ON  HOLIDAYS
"Questo non è un asino" 1991

Nel 1991, sul palcoscenico del teatrino di Piazza Teatro, della Città di Campagna, nell’ambito della  7^ Rassegna dell’Acqua (9° anno di recupero della Chiena), abbinata quell’anno, in via sperimentale (per un’ennesima assenza di fondi) al "7^ Festival Teatro Ragazzi Itinerante", presentai una Performance dal titolo  “magrittiano”, “Intervallo: Questo non è un Asino”. La Piazza Teatro era stracolma di gente di ogni età. Dai cinque ingressi, che dal Corso Umberto 1° ti portano in detto luogo, non si poteva camminare.

Un Omaggio a quattro Asini veri, tra la gioia dei bambini, di quel mondo antropologico contadino scomparso, che interpretavano loro stessi, con voci di attori fuori campo, che ponevano degli interrogativi al pubblico, coinvolgendoli nel coro delle voci a recitare, alla stessa tregua di un rosario, la loro definizione di “Asini”, presa dal vocabolario Palazzi, della lingua italiana. Qualcuno...della classe dirigente dominante, molto pieno di sé (il Sindaco dell'allora Amministrazione Comunale), appartenente, purtroppo, ad un partito presente  in ogni Ente pubblico, provinciale, regionale e nazionale, tentò di fare una querela nei miei confronti. Ma ahimé! Mancavano gli estremi: si parlava solo di "Asini"...di semplici, umili e onesti asini, in via di estinzione nell'uso di animali da soma, nel mondo contadino, ormai oggi, quasi definitivamente scomparso.

Da alcune persone accorte,  forse appassionati di arte e di Teatro, che vennero appositamente da fuori, per vedere lo spettacolo (soprattutto da Napoli e da Salerno), fu definito "Teatro d'Avanguardia". Gli adulti campagnesi, brava gente ma provinciale nell’animo e nei comportamenti, in gran parte, restarono delusi, perché pensavano di trovare Asini che volavano o che saltavano nei cerchi di fuoco, come al Circo Equestre di Moira Orfei o di Darix Togni, e piano piano, lasciavano la piazza,  convinti di essere stati raggirati. La gioia più grande fu che tutti i bambini, i ragazzi e le persone accorte, si divertirono un mondo e restarono fino all'ultimo atto. La cosa più importante per l'autore (il sottoscritto), fu, di rendere comunque omaggio, all'intelligenza, alla dignità e all'umiltà dell'Asino...quando capisce che il suo ruolo è quello di fare l'Asino, e di constatare, che dal mondo infantile, spesse volte, il mondo adulto (che dimentica spesso di aver avuto un'infanzia ) ha da imparare molte cose.

Peccato che quel Palcoscenico non si trovasse in ambiti più ampi e cosmopoliti. All'epoca, come performance di un artista che sconfinava nello specifico teatrale, sognavo, come luogo in cui consumare "tale delitto", il San Carlo di Napoli, la Scala di Milano (mi andava bene, anche il Salone Pier Lombardo), o il Teatro dell'Opera di Roma (mi andava bene anche il Teatro Eliseo, vicino alla Quadriennale): Pura Utopia!?!

Non per avere un successo, ci mancherebbe altro, ma per avere almeno le stesse reazioni: spiazzare letteralmente il pubblico adulto, abituato alla routine dei soliti spettacoli, che si tengono in questi Santuari della Cultura ufficiale Italiana.

Di questa Performance/Teatro, tenuta nel 1991, a Campagna, restano solo poche fotografie (del prima e durante lo spettacolo) e una ripresa video di un dilettante "scoordinato". 

La mia intenzione è stata quella di "invitare" un certo numero di Asini, sul palcoscenico  di un Festival, per rendere loro un omaggio, per offrire loro una vacanza, un'esposizione per riflettere, per meditare. Una saga. Una vacanza. Un omaggio. Un'esposizione, senza citare Magritte o Bunuel, Kosuth (nelle definizioni prese dal vocabolario…in questo caso dell’asino), Kounellis o Beuys, e senza andare indietro nel tempo a ricordare Giordano Bruno o addirittura gli antichi popoli adoratori della natura e del mondo animale, nei cui confronti nutrivano un profondo rispetto, a differenza di chi li ha colonizzati e dell'uomo contemporaneo, civile e progressista.

Un'esposizione allo stato puro, nella sua più assoluta autenticità. L'esposizione di un "animale" così caro e al tempo stesso così "sconosciuto" nella realtà, ai bambini, ai ragazzi e ai giovani dell'ultima generazione, che vivono soprattutto in città e nelle metropoli. Famoso oramai, solo attraverso le fiabe, i libri di scuola elementare, alcuni documentari e qualche film.

L'Asino: animale caparbio, dignitoso e serio, lavoratore infaticabile, diventato così raro ai giorni nostri, tanto da essere considerato un "Bene culturale etno-antropologico" (testimonianza vivente di quel mondo contadino così bistrattato, dimenticato e oramai quasi definitivamente e irreversibilmente scomparso, nella nostra società dei consumi), merita una parte di rilievo da "prima donna", per una silenziosa rivendicazione, dopo secoli e secoli di sfruttamento, di bastonate e di insulti immeritati. Insulti e bastonate, per colpe commesse dagli altri, causate soprattutto dai loro stessi "padroni", e cioè dall'Uomo. Lo stesso Uomo che ha governato e governa, paesi, città, nazioni, il mondo.

L'Asino che sopravvive e resiste, nel mondo contadino dei Paesi sottosviluppati del terzo mondo, e in alcune realtà di una sacca contadina non ancora estinta, soprattutto al sud dell'Europa, a sud del mondo, nei Paesi dell'est europeo ex comunisti, nella Cuba di Castro, nella Cina comunista, etc. L'Asino che sopravvive al consumismo più sfrenato e perverso, in queste ultime resistenze umane e animali legate all'ecosistema, nei confronti di una globalizzazione dei poteri forti & delle multinazionali. L'Asino che resiste a tutte le guerre e alla guerra preventiva del "suo padrone".

L'Asino come animale e come simbolo di una lotta alla stupidità umana, all'insensibilità e all'ignoranza (l'ignoranza dell'uomo che "governa" e che decide le sorti del nostro pianeta, con la manovalanza dell'uomo massificato, senza far sì che egli stesso faccia parte del suo ecosistema, ma bensì di sfruttarlo fino al midollo e oltre...per poi bastonarlo, insultarlo, provocare squilibri, fino al rischio di sopprimerlo, lentamente da vivo, prima della morte definitiva (se non si mette riparo)...proprio come ha fatto con gli Asini...per secoli e secoli).
L'Asino, che in vecchiaia, invece che del meritato riposo...viene trattato come un " usa e getta",  fatto a pezzi e relegato fra gli "insaccati equini &  misti", nei loro marchi d.o.c. e d.o.p. (appunti per un'ipotesi di reperti, di questa fine-inizio millennio).

Per cui, oggi come oggi, sarebbe pertinente e giusto gridare ai quattro venti:  "QUESTO NON E' UN ASINO".
Angelo Riviello Moscato ( testo 1991-2003)






"Questo non è un asino", 1991-Dichiarazione di atto notorio


"Questo non è un asino", 1991-Dichiarazione di atto notorio-part.


"Questo non è un asino", 1991-Dichiarazione di atto notorio-part.


"Questo non è un asino", 1991 - Dichiarazione di atto notorio-part.
"Questo non è un asino" , 1991 - foto B/N


"Questo non è un asino" , 1991 - foto B/N n.1


"Questo non è un asino" , 1991 - foto B/N - n.3


"Questo non è un asino" , 1991 - foto B/N - n.4


"Questo non è un asino" , 1991 - foto B/N -n.2


"Questo non è un asino" , 1991 - foto B/N - n.5


"Questo non è un asino" , 1991 - foto B/N - n.6

Work in Progress - dalla serieOpere Minime
"Eden Coca-lcool -  Prodotto Esclusivo American Spray", 1991
Questo lavoro fu realizzato appositamente per una mostra dal titolo: "Arte & Alcool". Come conseguenza di un'idea, accompagnata soprattutto da tanta ironia, ho utilizzato oggetti cercati e trovati (un pò alla maniera dada) e oggetti della mia sfera privata, come l'Attestato del Rischio della mia Assicurazione Auto "SubAlpina" (Unione Subalpina Assicurazioni), che in sigla diventa USA, ed è quì il collegamento con la Coca Cola e con un Deodorante dal nome "Eden" (Prodotto Esclusivo - AMERICAN SPRAY) , collegando il tutto alla famosa pompetta che usano i barbieri, dopo una rasatura, spruzzando il "dopo barba". Si tratta di un "divertissement",  per dirla alla francese, molto disimpegnato e falsamente disincantato.
"Eden Coca-lcool -  Prodotto Esclusivo American Spray", 1991
Collage e Assemblage oggettuale - Bacheca con vetro, 45x60x12 cm.
Proprietà privata Roma



Dalla serie "Ipotesi di reperti di fine millennio", 1992


Nel 1992, abitavo ancora nei prefabbricati dei terremotati, messi a disposizione dalla Protezione Civile quattro anni dopo il sisma, in località Avigliano 2°, a 370 metri sul livello del mare, in prossimità della 1^ Oasi di montagna del WWF, quando pensai, a otto anni prima dalla conclusione del 2°millennio, ad una serie di lavori dal titolo "Ipotesi di reperti di fine millennio", adottando la tecnica della macrofotografia, su etichette microscopiche, simboli e altro, della società dei consumi. L'intento era di renderli obsoleti, misteriosi e da decifrare, proiettando le immagini dalla fine del terzo millennio in poi, nell'impresa ardua di immedesimarmi in un improbabile archeologo del futuro. Niente di fantascientifico. Solo piccoli frammenti sparsi, di una realtà consumistica che ci sta seppellendo letteralmente, giorno dopo giorno, nell'emergenza, sotto una montagna di rifiuti dai mille materiali, futili e anche inutili. E' rimasta solo questa 1a ipotesi. Il lavoro in corso è fermo...al momento è interrotto.

"Ipotesi  di reperto di fine millennio", 1992 -  macrofotografia a colori su supporto extrarigido -
 dimensioni e quantità variabili.
"Stari Most", 1992 - collage oggettuale e scrittura su cartone rigido, 21x27 cm. - Proprietà privata - Monza

"La raccolta di Re Mida", 1995-96 - installazione - tecnica mista - trittico su legno e ferro


"La raccolta di Re Mida" (part.)1995-96 - installazione - tecnica mista - trittico su legno e ferro



"Diana" - 1998 Collage e riproduzione fotografica digitale su supporto extrarigido, 80x125,5 cm. 




Work in Progress - dalla serie Opere Minime - "Chewing Gum - 'a gicomma americana",  dal 1997


Sto masticando gomma ogni giorno dalla fine dell'anno 1997. Una volta masticata, mi veniva spontaneo arrotolarla con le mani e buttarla nel cestino. Era diventato un gesto quotidiano abituale. Agli inizi del 1998, pensai di farne un uso artistico nel tempo. Per avere un incentivo, ho coinvolto nell'operazione iniziale le bambine di 1° e 2° letto (Cristina di 5 anni e Letizia di 11) di una mia cara amica fotografa (Michela) che abitava in Via Bordoni a Milano (una perpendicolare di Via Pirelli, dove sono stato ospite pagante per più di un anno, prima di trasferirmi in Via Gaetano De Castillia, nella mia casa studio al numero 20), iniziando così una piccola "scultura", lavorando prima con la bocca e con la lingua nel masticare la gomma, e poi, invece di buttarla, con le dita della mano la plasmavo spontaneamente a forma di sfera (era l'unica forma spontanea che veniva meglio) e poi la appoggiavo in un piccolo contenitore di plastica. Una volta raggiunto un diametro di 5 cm. la appoggiai a vista sul cilindro di cartone pressato che avvolge la carta igienica, usandolo come un piccolo piedistallo provvisorio alto 9,5 cm. e di diametro 4,5 cm. Ovviamente era un lavoro che potevo fare solo a casa. Attualmente la sfera ha raggiunto un diametro di circa 13 cm. E' un lavoro che continuo periodicamente, anche se mastico sempre gomma tutti i giorni. E' come collezionare qualcosa, che dopo l'uso primario, la riciclo.

La mia intenzione non era e non è di farne una scultura, ma un modo per "non pensare", un modo per passare il tempo, quando non hai niente da fare, come una volta facevano i vecchi contadini d'estate, all'ombra di un pergolato, o d'inverno vicino ad un camino, nel masticare il tabacco, a parte l'esigenza di mantenere l'alito possibilmente pulito, che per un fumatore è come un toccasana. Infatti non mastico tabacco e mastico gomma, forse anche perché è un modo per mantenersi giovani e "bambini". E' probabile. Infatti da ragazzini stavamo sempre a masticare gomma, e per noi bambini del salernitano, nati dopo la 2a guerra mondiale, si chiamava 'a gicomma americana. Forse era anche un modo per illudersi di mangiare qualcosa (infatti, spesso, nella distrazione, la ingoiavamo, con lo spavento poi, che si incollasse agli intestini), in un momento in cui l'Italia, nella miseria più nera cercava di risollevarsi da quell'immensa tragedia del dopo guerra e gli alimenti scarseggiavano e ogni aereo che passava da Largo Giulio Cesare Capaccio (nell'antico Quartiere di Zappino), in quegli anni 50, per noi bambini, era un aereo americano, amico, ricco, però che...buttava le bombe. Masticando gomma e "impasticciandoci" con la lingua, i denti e le labbra nelle grida, urlavamo a squarciagola "apparecchi 'a americana mena a bomba e se ne va" .

Forse tutto questo può rappresentare lo spunto di farne un film (che poi sarebbe un'altra cosa, con altri risultati, anche imprevedibili), o forse tutto questo è demenzialità?

Feci un lavoro di fotografia, nel 1977, con un aeroplanino di carta ripreso in sequenza, che alla fine cade e si va a materializzare...in una piccola bacheca fra due vetri (con telai) appoggiata per terra (piacque molto a Lucio Amelio, nel 1979, quando partecipai alla 1a e ultima - Rassegna sulla Nuova Creatività nel Mezzogiorno).

Non so, quando finirò di masticare gomma...forse quando smetterò di fumare...o forse quando sarò del tutto vecchio e rincitrullito e mi accorgerò (se ne sarò cosciente) che la sfera ha raggiunto dimensioni notevoli e tenterò di custodirla sistemandola dentro una scatola cubica trasparente di vetro antiproiettile, su un anello in ferro zincato, dal diametro proporzionato a quello della sfera, alto massimo 2 cm. con la data di inizio: "Chewing Gum - 'A Gicomma Americana" - Milano, dal 29 gennaio 1998... con i nomi di Cristina Salmoiraghi e di Letizia Uccellini (e di chi chissà quali altri ancora).

"Chewing gum - 'a gicomma americana"-work in progress dal 1996 al 2011, diametro iniziale cm. 1-
 diametro attuale cm. 20 circa

Work in Progress dal 1993-1996-97 Traslazione-Sostituzione, da Luogo a Luogo - "La Libertà"

Ho iniziato a fotografare con calma dal 1993 e poi ripreso nel 1996, alcune lapidi significative, che riportavano la parola "LIBERTA'", o che avevano a che fare con questo termine così ampiamente usato (e abusato), soprattutto in quelle ipocrite e retoriche declamazioni, che (per me) sono state sempre insopportabili, nei comizi di piazza e soprattutto in certi dibattiti televisivi, da ogni parte e da ogni cultura, e se si può ancora dire, da ogni ideologia e colore politico. Un termine dal significato profondo, che fin dagli antichi greci, non riesce a trovare pace: sempre e immancabilmente offeso e mortificato nei fatti. Un termine, addirittura usato, come portabandiera, anche dai regimi totalitari, comunisti, nazifascisti e puramente dittatoriali. La libertà nella rivoluzione francese, nella rivoluzione d'ottobre, nella rivoluzione cubana, nell'Unità d'Italia, la libertà nella guerra civile spagnola, la lotta per la liberazione della resistenza partigiana...la statua della libertà come simbolo per eccellenza degli Stati Uniti d'America, etc., etc., etc.

La libertàààààààààààààààààààààà..., urlava Cesare Zavattini. Ma cos'è la libertà? Ognuno si fa maestro di questa parola. La Libertà per me è solo un termine astratto e demagogico, che non trova corrispondenze nella vita reale. La libertà, non è mai esistita, non esiste e non esisterà mai. Non per pessimismo, ma per realismo.
La libertà potrebbe esistere solo in quelle persone che hanno una coscienza o una spiccata vocazione verso la socializzazione, la solidarietà e la partecipazione, anche se per me resta un concetto da maturare soprattutto interiormente (come la rivoluzione), dentro di noi, per poi esplicarlo nella realtà di tutti i giorni. La libertà non si può imporre. La libertà non si può subire. Il significato di libertà non è uguale per tutti. La libertà assume mille significati, nelle mille culture differenti di questo nostro piccolo mondo. La libertà non è mai uguale a se stessa. La libertà, per un musulmano è diversa dalla libertà di un cattolico o di un buddista, ed ancora più diversa è la libertà di un ateo, di un anarchico, e così via.

Nella mia città ho fotografato due lapidi, nella zona antica, che ricordano due episodi differenti, a distanza di 343 anni l'uno dall'altro: l'una riguardante Giordano Bruno (60x100 cm.)...che per il suo modo libero di pensare fu bruciato vivo sul rogo; l'altra invece, riguarda  la presenza di numerosi ebrei strappati alla persecuzione nazifascista (108x131 cm.), dall'ultimo questore di Fiume Giovanni Palatucci, che nel 1943, li inviò a Campagna allo zio vescovo di questa città, nello stesso convento (utilizzato come uno dei due campi profughi della città) dove compì il noviziato il filosofo di Nola.

A Milano ho fotografato una lapide che ricorda la presenza di Ho Chi Minh (60x70 cm.), ubicata all'ingresso di Via Marroncelli, sulla casa ad angolo a destra, venendo da Porta Garibaldi, a venti metri dall'ex sede di "Re Nudo" e dell'ex "Laboratorio" e un'altra ancora, in Via Pirelli, tra la Piazza Luigi Einaudi e l'incrocio di Via Gaetano De Castillia-Via Filippo Sassetti, che ricorda la resistenza partigiana del quartiere Isola di Milano.

Vorrei fotografarne altre in un itinerario nazionale dal sud al nord del paese. Quando ne avrò raccolto un centinaio, ne farò una selezione ed esporrò quelle che riterrò più significative. Al sud esporrò immagini riprese al nord. Al nord esporrò immagini riprese al sud. Un’installazione in una sorta di "traslazione-sostituzione", da luogo a luogo, appunto, da ubicare in esterni e in interni, con alcune varianti al progetto, di tipo contestuale e ambientale. Due voci recitanti però, una maschile e l’altra femminile (in un gioco di entrata e uscita, quasi accavallandosi), cercheranno di introdurci quasi didatticamente, di informarci e di convincerci sul significato di Libertà e di Democrazia preso dalla Costituzione della Repubblica Italiana e da un vocabolario aggiornato, della lingua italiana. 

"Giordano Bruno", 1993 - stampa fotografica su supporto extrarigido per esterni, 60x100x2 cm. (dimensioni reali)


"Gli Ebrei di Long Island City", 1993 - stampa fotografica su supporto extrarigido per esterni,108x131x2 cm. (dimensioni reali)


"Ho Chi Minh", 1996 - stampa fotografica su supporto extrarigido per esterni, 60x70x2 cm. (dimensioni reali)


"I Partigiani del Quartiere Isola di Milano", 1997 - stampa fotografica su supporto extrarigido per esterni 70x100 cm.








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